Voici les paroles de la chanson : Strozzi: Cantate, Ariette e Duetti, Op. 2 No. 17: Il Lamento (Sul Rodano severo) , artiste : Emőke Baráth, Барбара Строцци Avec traduction
Texte original avec traduction
Emőke Baráth, Барбара Строцци
Sul Rodano severo
giace tronco infelice
di Francia il gran scudiero,
e s’al corpo non lice
tornar di ossequio pieno
all’amato Parigi,
con la fredd’ombra almeno
il dolente garzon segue Luigi.
Enrico il bel, quasi annebbiato sole,
delle guance vezzose
cangiò le rose in pallide viole
e di funeste brine
macchiò l’oro del crine.
Lividi gl’occhi son, la bocca langue,
e sul latte del sen diluvia il sangue.
Oh Dio, per qual cagione
(par che l’ombra gli dica)
sei frettoloso andato
a dichiarar un perfido, un fellone,
quel servo a te sì grato,
mentre, franzese Augusto,
di meritar procuri
il titolo di giusto?
Tu, se ’l mio fallo di gastigo è degno,
ohimè, ch’insieme insieme
dell’invidia che freme
vittima mi sacrifichi allo sdegno.
Non mi chiamo innocente:
purtroppo errai, purtroppo
ho me stesso tradito
a creder all’invito
di fortuna ridente.
Grand’aura di favori
rea la memoria fece
di così stolti errori,
un nembo dell’obblio
fu la cagion del precipizio mio.
Ma che dic’io?
Tu, Sire – ah, chi nol vede?
tu sol, credendo troppo alla mia fede,
m’hai fatto in regia corte
bersaglio dell’invidia e reo di morte.
Mentre al devoto collo
tu mi stendevi quel cortese braccio,
allor mi davi il crollo,
allor tu m’apprestavi il ferro e ’l laccio.
Quando meco godevi
di trastullarti in solazzevol gioco,
allor l’esca accendevi
di mine cortigiane al chiuso loco.
Quella palla volante
che percoteva il tuo col braccio mio
dovea pur dirmi, oh Dio,
mia fortuna incostante.
Quando meco gioivi
di seguir cervo fuggitivo, allora
l’animal innocente
dai cani lacerato
figurava il mio stato,
esposto ai morsi d’accanita gente.
Non condanno il mio re d’altro errore
che di soverchio amore.
Di cinque marche illustri
notato era il mio nome,
ma degli emuli miei l’insidie industri
hanno di traditrice alla mia testa
data la marca sesta.
Ha l’invidia voluto
che, se colpevol sono,
escluso dal perdono
estinto ancora immantinente io cada;
col mio sangue ha saputo
de’ suoi trionfi imporporar la strada.
Nella grazia del mio re
mentre in su troppo men vo’,
di venir dietro al mio pie’
la fortuna si stancò,
onde ho provato, ahi lasso,
come dal tutto al niente è un breve passo.
Luigi, a queste note
di voce che perdon supplice chiede,
timoroso si scuote
e del morto garzon la faccia vede.
Mentre il re col suo pianto
delle sue frette il pentimento accenna
tremò Parigi e torbidossi Senna.
Sul Rodano sévère
giace tronco infelice
di Francia le grand scudiero,
e s'al corpo non poux
tornar di ossequio pieno
all'amato Parigi,
avec la fredd'ombra almeno
il dolente garzon segue Luigi.
Enrico il bel, semelle quasi annebbiato,
delle guance vezzose
cangiò le rose en viole pallide
e di funeste saumure
macchiò l'oro del crine.
Lividi gl'occhi son, la bocca langue,
e sul latte del sen diluvia il sangue.
Oh Dio, par qual cagione
(par che l'ombra gli dica)
sei frettoloso andato
un dichiarar un perfido, un fellone,
quel servo a te si grato,
Mentre, François Augusto,
di meritar procuri
le titre de giusto ?
Tu, se 'l mio fallo di gastigo è degno,
ohimè, ch'insieme insieme
dell'invidia che freme
vittima mi sacrifichi allo sdegno.
Non mi chiamo innocente :
purtroppo errai, purtroppo
ho me stesso tradito
a creder all'invito
di fortuna ridente.
Grand'aura de favori
rea la memoria excréments
di così stolti errori,
un nembo dell'oblio
fu la cagion del precipizio mio.
Ma che dic'io?
Tu, Sire – ah, chi nol vede ?
tu sol, credendo troppo alla mia fede,
m'hai fatto in regia corte
bersaglio dell'invidia e reo di morte.
Mentre al devoto collo
tu mi stendevi quel cortese braccio,
allor mi davi il crollo,
allor tu m'apprestavi il ferro e 'l laccio.
Quando meco godevi
di trastullarti in solazzevol gioco,
allor l'esca accendevi
di mine cortigiane al chiuso loco.
Quelle palla volante
che percoteva il tuo col braccio mio
Dovea pur dirmi, oh Dio,
mia fortuna incostante.
Quando meco gioivi
di seguir cervo fuggitivo, allora
l'animal innocent
dai cani lacérato
figurava il mio état,
esposto ai morsi d'accanita gente.
Non condanno il mio re d'altro errore
che di soverchio amore.
Di cinque marche illustré
notato era il mio nome,
ma degli emuli miei l'insidie industri
hanno di traditrice alla mia testa
data la marca sesta.
Ha l'invidia voluto
che, se colpevol sono,
escluso dal perdono
estinto ancora immantinente io cada ;
col mio sangue ha saputo
de’ suoi trionfi imporporar la strada.
Nella grazia del mio re
mentre in su troppo men vo’,
di venir dietro al mio pie’
la fortuna si stancò,
onde ho provato, ahi lasso,
come dal tutto al niente è un breve passo.
Luigi, une note de quête
di voce che perdon supplice chiede,
timoroso si scuote
e del morto garzon la faccia vede.
Mentre il re col suo pianto
delle sue frette le repentir accenna
tremò Parigi et torbidossi Senna.
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